Il prato stabile

Nel nostro territorio, a causa dell’espansione urbana e della diffusione di altre colture foraggere, il prato stabile è in forte diminuzione.

Con questo termine si intende una coltivazione erbacea che non ha subito alcun intervento di aratura o dissodamento, lasciato a vegetazione spontanea per almeno dieci anni. Viene mantenuto esclusivamente dallo sfalcio e dalla concimazione e non ha bisogno di semine artificiali in quanto la propagazione delle specie è garantita da meccanismi naturali. È dunque un prato “stabile”, non viene mai “rotto”, sulla sua superficie non si avvicendano le colture. Viene tradizionalmente concimato con fertilizzanti organici (letame e liquami aziendali), è irrigato per scorrimento ed è sfalciato 4-5 volte nell’anno.

Il prato stabile presenta un’elevata varietà di specie erbacee di gran pregio, utilizzate anche in forma essiccata (fieno) soprattutto per l’alimentazione dei bovini, il cui latte è trasformato in Parmigiano Reggiano, burro, ricotta.

Nelle nostre zone sopravvivono ancora prati stabili che risalgono al 1700; sono stati scoperti riferimenti storici già a partire dal XII secolo.

Le specie presenti in un prato stabile appartengono a numerose famiglie, tra cui quella delle orchidacee, la più importante per valore naturalistico; dal punto di vista strutturale prevalgono le graminacee, seguite da leguminose e composite, di elevato valore foraggiero. Nella zona di Bibbiano (RE) sono state individuate anche 63 erbe diverse per metro quadrato.

 

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