Le siepi

Dalle nostre campagne e dai margini delle strade sono ormai quasi del tutto scomparse quelle che sono chiamate “siepi autoctone”. Esse sono state un elemento fondamentale dell’ambiente naturale del passato: proteggevano le colture dal vento e miglioravano i raccolti, riducevano l’evaporazione dell’acqua, favorivano la formazione della rugiada, servivano da rifugio agli animali, proteggevano dalle erosioni. Svolgevano dunque un ruolo fondamentale nell’equilibrio del territorio circostante.

Erano anche fonte di guadagno per la produzione di materie prime come il legname, ma anche per i frutti (more, fragole, nocciole ecc.). Erano veri e propri “boschi in miniatura”, caratterizzati soprattutto dalla presenza di Acero campestre, Biancospino, Nespolo selvatico, Nocciolo, Prugnolo, Rosa di macchia, Sanguinello, Sambuco nero, Ligustro, Ciliegio selvatico, Rovo.

Nel 1944, per impedire le azioni dei partigiani, i fascisti emisero un decreto che imponeva il taglio delle siepi. Oggi le siepi sono state divelte perché di intralcio ai grandi mezzi agricoli e per la manutenzione che richiedono, dalla potatura allo sfalcio a terra.

Nel podere dei Campirossi la Siepe si estende tutto a contorno e a ovest chiude l’area della Piantata reggiana con il filare dei Frutti antichi per non dimenticare. È da considerarsi un residuo in forma lineare dell’antica foresta planiziale.

È costituita da diversi esemplari arborei e arbustivi autoctoni superstiti e ancora presenti nella media e bassa pianura reggiana: Felce aquilina, Pino silvestre, Salice bianco, Pioppo nero, Ontano nero, Nocciolo, Farnia, Olmo campestre, Rosa selvatica, Biancospino, Prugnolo, Acero campestre, Fusaggine, Spinocervino, Sanguinello, Ligustro, Giaggiolo acquatico, Cannuccia di palude, Lisca maggiore, Carice spondicola.

 

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