Intervista a Adriano Engelbrecht > Sotto la grande quercia

Blog a cura di Raffaella Ilari
con approfondimenti e interviste agli organizzatori, agli ospiti e al pubblico
del 18° Festival di Resistenza
 

Voci autentiche per presidiare con l’arte i nostri territori

Intervista a Adriano Engelbrecht
Di Raffaella Ilari

Il Festival Teatrale di Resistenza da sempre instaura sinergie con realtà del territorio: artisti, rassegne, Comuni. In questo contesto si inserisce l’appuntamento fuori concorso della serata inaugurale che, dopo essere stato presentato il 29 giugno scorso nella Piazza di Brescello, apre il 18° Festival Teatrale di Resistenza. Si tratta dell’ “Oratorio II di Resistenza Democratica”, esito del laboratorio di teatro di comunità ideato e curato da Adriano Engelbrecht e nato dalla collaborazione tra Comune di Brescello, Ermo Colle e Festival Teatrale di Resistenza-Istituto Alcide Cervi. Un laboratorio per voci e suoni sul valore democratico delle parole come strumento di contrasto all’illegalità realizzato con 15 cittadine di Brescello, Sorbolo, Parma e Traversetolo: Lucia Notaro, Monica Amaro, Rossella Torri, Monica Bisi, Elena Fava, Francesca Trupiano, Carla Prati, Barbara Azzali, Francesca Gelmi, Cristina Rossini, Claudia Bussandri, Anna Failla, Michela Mussi, Marina Stradelli, Luisa Moscatelli.

Adriano, come nasce il progetto?
Abbiamo avuto un primo importante appuntamento due anni fa a Sorbolo con il primo “Oratorio di Resistenza Democratica”. Il gruppo era formato da cittadini sorbolesi anche loro vittime dei fatti accaduti in paese con le infiltrazioni mafiose e la confisca di tutto il quartiere residenziale. Ci fu una forte partecipazione che piacque molto ad Albertina Soliani che chiese di continuare l’esperienza a Brescello dove abbiamo ripreso il progetto.

Come è composto il gruppo e come avete lavorato?
Il gruppo è formato da 15 donne, favolose e tenaci, di età dai 13 ai 65 anni. Un segnale molto forte, importante, curioso perché tutto il femminile si è mosso. Se per Sorbolo la linea di conduzione era stata suggerita dal libro di Nando Dalla Chiesa sulla figura emblematica di Rita Atria, è stato il Comune di Brescello a chiederci di lavorare su Giuseppe Di Matteo, il bambino sequestrato e ucciso, sciolto nell’acido, dalla mafia più di vent’anni fa.
Il lavoro si è svolto in modo puntuale, da aprile a giugno, ogni lunedì sera in una sala messa a disposizione dal Comune in cui abbiamo iniziato a leggere il testo nella possibilità di dare voce a tutte e a tutti. Mi preme sottolineare che l’autenticità delle voci è stato il perno fondamentale. Non è uno spettacolo, non un pezzo di teatro, ma è il teatro che parla e che si fa voce autentica, verità. Queste donne sono state mosse da una forte energia e dall’orgoglio di fare questa esperienza ancora di più dopo i fatti recenti. C’è una volontà di riscatto, di riappropriarsi del paese anche da parte di chi del paese non è. Il fare è più importante del dire, qui si compie l’esperienza del fare il teatro.

Come avete lavorato sul testo “Un cavaliere bianco” di Marco Mancassola contenuto nel libro “Non saremo confusi per sempre”?
Il lavoro sul testo è emerso dalla lettura. Si è riconsegnata l’integrità parziale del libro attraverso la ricostruzione a mosaico di quello che loro hanno sentito come nodi importanti del racconto. Abbiamo fatto emergere la storia di Giuseppe Di Matteo eliminandone la parte più letteraria e romanzata.

Il 29 giugno a Brescello, questa sera a Casa Cervi, il 26 luglio a Campora nell’ambito di Ermo Colle. Cosa significa portare in giro l’Oratorio?
L’Oratorio non è un flash mob, non ha carattere di provvisorietà. L’idea è quella di presidiare con il lavoro teatrale i territori, ricostituire il loro fondamento legale. Presidiare con l’arte è un segnale piccolo ma fortissimo. Da qualche parte il muro va rotto e penso che questa sia la punta più affilata che possiamo mettere a disposizione.

 

 

 

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