BONHOEFFER E LE RADICI DELL’EUROPA di Albertina Soliani

locandina A3_CONVEGNO DIETRICH_2015 (1)

Ho cominciato a leggere Bonhoeffer all’inizio degli anni ’70, quando uscì in Italia “Resistenza e resa” a cura di Italo Mancini. Lo leggevamo insieme tra amici la domenica pomeriggio a Parma, in borgo S. Giuseppe, guidati dal parroco don Raffaele Dagnino.

Il tema assegnatomi risponde al bisogno fondamentale di Europa che noi oggi avvertiamo, del sogno nato dopo la grande tragedia, 70 anni fa.
Allora ciò che si era salvato, come disse Giuseppe Dossetti, entrò nella Costituzione e costituì il primo passo per l’Unione Europea. Una scelta e una strategia di pace, di sviluppo, di democrazia radicalmente alternative alla guerra e all’oppressione nazifascista.
Oggi viviamo la crisi dell’Europa: non più capace di scelte decisive, non più capace di una visione politica di fronte alle sfide di oggi: la dignità dell’uomo, la libertà, l’uguaglianza, la solidarietà, la pace. Le sfide dell’oggi, con la memoria di ieri, ben viva e attuale.

Noi incontriamo Bonhoeffer nel cuore del tempo storico che ha travolto l’Europa e il mondo nella prima metà del secolo scorso, della distruzione globale da essa stessa provocata.
Bonhoeffer ha compreso allora, fin dalle origini del nazismo, il bisogno dell’alba nuova. Non la vide ma la individuò e la testimoniò a prezzo della vita.
Scrisse nel prologo “Dieci anni dopo”:
“Hanno forse sentito mai in modo diverso da noi oggi coloro che, tra gli appartenenti ad una generazione posta davanti ad una grande svolta della storia si sono fatti carico di pensare in modo responsabile – proprio perché si trattava del sorgere di qualcosa di nuovo, che non poteva esaurirsi nell’ambito delle alternative possibili al loro tempo?”.

Ecco, la responsabilità a me pare la cifra dell’Europa, quella che l’ha riscattata dalla devastazione consumata a metà del Novecento. E’ la dimensione dell’uomo che Bonhoeffer ha trovato, dell’uomo di fronte a Dio. Dell’uomo di fronte alla storia e di fronte al male. “Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in questo affare, ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene”.
L’assenza di questa azione responsabile ha generato il nazifascismo, la sua presenza ha dato vita alla Resistenza e restituito un futuro umano al mondo.

Ciò che oggi si presenta di fronte all’Europa che si chiude, che si ritrae impaurita, che resta incerta davanti al compito che la storia le affida – si tratti della Grecia, dei migranti, delle disuguaglianze, del prevalere dell’economia e della finanza, dei conflitti alle porte – è la stessa domanda di ieri: l’azione responsabile.

Qual è la radice dell’azione responsabile, e perciò dell’Europa? La libertà, la libertà spirituale. Il luogo simbolo è Canossa, un luogo speciale dell’Europa. In questo luogo, a San Polo d’Enza, proprio di fronte a Canossa, si trova nell’estate del 1944 Eberard Bethge, l’amico teologo addetto al controspionaggio nell’esercito tedesco.
Bonhoeffer scrive a Bethge il 16 luglio 1944:

“Ieri ho saputo dai genitori che sei stato nuovamente trasferito. Spero di sapere presto come sei sistemato. In ogni caso, l’atmosfera storica è molto interessante […]. Comunque si debba considerare il viaggio di Enrico IV, sincero o diplomatico, la sua immagine nel gennaio del 1077 resta indimenticabile e incancellabile per lo spirito dei popoli europei. E’ più significativa del concordato di Worms del 1122, che ha formalmente concluso la faccenda in quel medesimo senso. Noi tutti a scuola abbiamo imparato a considerare i grandi conflitti come una calamità per l’Europa. Ma in realtà in essi si nasconde l’origine di quella libertà spirituale che ha fatto grande questo continente”.

La libertà spirituale, una delle più grandi conquiste della storia. Dalla lotta per le investiture alla separazione dei poteri e al loro equilibrio, al diritto, alla libertà, alla democrazia.
La libertà spirituale è radice dell’Europa, non solo del passato.
La libertà spirituale significa:
il valore della persona, non sottomessa allo Stato
la responsabilità, non l’obbedienza
il diritto, non la sopraffazione
la cultura, non la merce
la politica, non l’economia
la democrazia, non il totalitarismo
la vocazione a includere, a unire, a fondare la convivenza sul valore delle differenze (l’Europa un insieme di minoranze)
la pace, non la guerra
il noi, non l’io

E’ il pensiero dell’Europa di cui ha bisogno il mondo, dalla Cina all’Africa all’America.

Sentiamo qui lo spessore della storia, l’urgenza della ricerca. Qui Matilde, 900 anni fa, fece la storia. Il suo motto era: “Per grazia di Dio, se è qualcosa”. Qui parlano le pietre.

Il 14-15 novembre 1997 organizzammo qui a San Polo un convegno su “Dietrich Bonhoeffer e la comunità del cuore”. La vita in comune, sperimentata da Bonhoeffer e Bethge e altri giovani della Chiesa Confessante, ha resistito all’urto mentre tutto crollava ed era in rovina in Europa. Qui venne Bethge, due anni dopo quel convegno, a ricevere la cittadinanza onoraria e per la prima volta, dopo il 1944, in questa casa si affacciò di nuovo alla finestra da cui si vede Canossa. Lo ricordo bene.

Con analoghe motivazioni erano venuti, poco lontano da qui, a Rossena, nei primi anni ‘50 coloro che con Giuseppe Dossetti politico cercavano la nuova Italia e la nuova Europa. La vita in comune e la spiritualità dentro la politica, uno spazio per credenti e non credenti: questo il significato di una ricerca autentica in una stagione politica dove alto era il senso della vita, della comunità, della democrazia, della politica.

Oggi l’Europa è fedele alla sua radice? Dobbiamo di nuovo pensare l’Europa come spazio politico della libertà spirituale, aperta oltre i suoi confini: al Medio Oriente, all’Est e all’Ucraina, a Sud e al Mediterraneo.
Bonhoeffer effettuò da giovane, nel 1924, in compagnia del fratello Klaus, un viaggio in Sicilia e in Nord Africa, arrivando a Tripoli. Scattò diverse foto, una ai senzatetto sotto il porticato della Moschea.

Scrisse in una lettera:

“Arabi, ebrei e neri andavano con i loro cammelli e asini alle cisterne d’acqua. Si è completamente immersi nell’Oriente, senza che cosa alcuna ti ricordi l’Europa.
Il contrasto tra Italia e Africa qui è spaventoso. Che io, subito dopo l’Italia, dove ho visto la pura cultura europea, veda ora quella orientale è indescrivibilmente interessante. Non riesco a trovare le parole per descrivervelo; poiché quasi ogni cosa è diversa rispetto a noi”.

L’Europa non può essere egoismo. “Il problema più importante per il futuro è come sarà possibile individuare insieme la base per la convivenza tra gli uomini, quali realtà dello spirito e quali leggi faremo valere come fondamento di una vita umana dotata di senso?”.
Oggi più che mai possiamo domandarci quale ruolo possano avere le religioni. Di dialogo o di conflitto? Nella sua esistenza Bonhoeffer coltivò con grande impegno l’ecumenismo, strettamente intrecciato con il suo impego antinazista.

Se guardiamo all’Europa di oggi, dobbiamo essere consapevoli che il futuro ci chiede un cambiamento radicale di mentalità. Solo così potremo salvarci.
C’è un tema straordinariamente fecondo che dobbiamo oggi cogliere con profonda attenzione: la sofferenza come categoria politica. Essa fa parte di tutta la storia dell’Europa, in particolare del Novecento. Essa è parte della storia di tutti i popoli, in Oriente il buddismo l’ha assunta come base per l’esperienza di liberazione e di compassione.
Scrive Bonhoeffer: “Dobbiamo imparare a valutare gli uomini più per quello che soffrono che per quello che fanno o non fanno”.
Più tardi il teologo Metz parlerà dell’autorità di coloro che soffrono.
Io credo che la spiritualità e la politica si debbano incontrare, è dalla libertà spirituale che può nascere il coraggio politico, il quale “può crescere solo sul terreno della responsabilità libera dell’uomo libero”.

Dopo le ideologie, le contrapposizioni, il dominio del mercato, dobbiamo cambiare la nostra mentalità. Dobbiamo diventare adulti nella spiritualità e nella vita del mondo, cioè nella politica.

Concludo con una mia esperienza personale.
In questi anni Bonhoeffer è venuto con me in Birmania.
Ricordo che Bonhoeffer aveva progettato per tre volte un viaggio in India da Gandhi, dietro suo invito. L’Oriente lo interessava.

Da una decina di anni ho rapporti con la Birmania e in particolare con Aung San Suu Kyi. Quando le scrivo mi capita in modo naturale di citare Bonhoeffer.
Nel libro di Aung San Suu Kyi “Lettere dalla mia Birmania”, lei parla del mese di luglio, un mese di anniversari. “L’anonimo luglio, mese di mezzo, è gravido di anniversari importantissimi. C’è quello della presa della Bastiglia, dell’Indipendenza americana e della cospirazione contro Hitler”. Aggiungerà l’assassinio di suo padre Aung San, il 19 luglio 1947.
Alla cospirazione contro Hitler partecipò Bonhoeffer, come nota in fondo alla pagina la traduttrice italiana del libro di Aung San Suu Kyi.
Ho recentemente mandato ad Aung San Suu Kyi “Resistenza e resa”, in inglese, per il suo compleanno.

Nel mio libro “Tutto si muove, tutto si tiene”, pubblicato due anni fa, Bonhoeffer è ampiamente citato. Il libro è arrivato in Birmania a una giovane donna, Me Soe, che l’ha letto grazie alla traduzione di un’amica che sa l’italiano. Me Soe mi ha poi scritto, citando Bonhoeffer: “Non è contagiosa solo la paura, ma anche la quiete e la gioia con le quali affrontiamo via via ciò che ci capita”. E ha aggiunto: “La gioia e la quiete che ho respirato nel tuo libro”.
Ci scrivemmo per qualche settimana, poi Me Soe morì, a 28 anni. So che in quelle settimane aveva cercato su internet, che in Birmania è assai incerto, gli scritti di Bonhoeffer.
Me Soe volle che al suo funerale fosse letto per gli amici questo pensiero di Bonhoeffer (“di un signore tedesco”, riferì chi era presente):
“Può darsi che domani spunti l’alba dell’ultimo giorno;
solo allora, non prima,
smetteremo con piacere
di lavorare per un futuro migliore”.

Suo figlio, Ko Ny, un ragazzo di 13 anni che è in monastero, sta traducendo il mio libro in birmano. Nella nostra corrispondenza cita Bonhoeffer, è un riferimento importante per lui. Anche a lui ho mandato “Resistenza e resa”.
In un video che mi ha mandato Ko Ny ha scritto questo pensiero di Bonhoeffer:
“Il mondo dice: ormai è così;
sarà sempre così.
Il giusto si alza
e con coraggio dice:
non dovrebbe essere così”.
(Bonhoeffer, 8 giugno 1944)

Albertina Soliani

Prova anche

L’Istituto Alcide Cervi e la Fondazione Famiglia Sarzi diventano soci: al via dal 2024 un percorso di collaborazione

L’Istituto Alcide Cervi e la Fondazione Famiglia Sarzi sono soci. La decisione è stata ratificata nel mese di dicembre dai rispettivi Consigli di Amministrazione dell’Istituto di Gattatico e della Fondazione di Cavriago, che hanno deliberato la reciproca adesione per iniziare un percorso di immediata collaborazione, al via concretamente dal 2024.