Il grande schermo in terra cruda: una scelta nel rispetto dell’ambiente

 

Il grande schermo su cui vedrai proiettato il primo video del percorso è stato realizzato in terra cruda. La terra cruda è un materiale naturale, biocompatibile e sostenibile, a bassissimo impatto ambientale, utilizzato per realizzare questa parete nel rispetto della natura. La terra cruda è infatti una risorsa abbondante: non è lavorata con sostanze chimiche o con procedimenti che producono scarti inquinanti e, infine, al termine del suo ciclo di vita può essere restituito alla natura senza particolari trattamenti.

La frase incisa è un verso della poesia di Salvatore Quasimodo Ai Fratelli Cervi, alla loro Italia (4 dicembre 1955).

Ascolta qui la poesia. Lettura di Morena Vannini (Istituto Alcide Cervi)

 

Ai fratelli Cervi, alla loro Italia

In tutta la terra ridono uomini vili,
principi, poeti, che ripetono il mondo
in sogni, saggi di malizia e ladri
di sapienza. Anche nella mia patria ridono
sulla pietà, sul cuore paziente, la solitaria
malinconia dei poveri. E la mia terra è bella
d’uomini e d’alberi, di martirio, di figure
di pietra e di colore, d’antiche meditazioni.

Gli stranieri vi battono con dita di mercanti
il petto dei santi, le reliquie d’amore,
bevono vino e incenso alla forte luna
delle rive, su chitarre di re accordano
canti di vulcani. Da anni e anni
vi entrano in armi, scivolano dalle valli
lungo le pianure con gli animali e i fiumi.

Nella notte dolcissima Polifemo piange
qui ancora il suo occhio spento dal navigante
dell’isola lontana. E il ramo d’ulivo è sempre ardente.
Anche qui dividono in sogni la natura,
vestono la morte, e ridono, i nemici
familiari,. Alcuni erano con me nel tempo
dei versi d’amore e solitudine, nei confusi
dolori di lente macine e lacrime.

Nel mio cuore e finì la loro storia
quando caddero gli alberi e le mura
tra furie e lamenti fraterni nella città lombarda.
Ma io scrivo ancora parole d’amore,
e anche questa terra è una lettera d’amore
alla mia terra. Scrivo ai fratelli Cervi,
non alle sette stelle dell’Orsa: ai sette emiliani
dei campi. Avevano nel cuore pochi libri,
morirono tirando dadi d’amore nel silenzio.

Non sapevano soldati, filosofi, poeti,
di questo umanesimo di razza contadina.
L’amore, la morte, in una fossa di nebbia appena fonda.
Ogni terra vorrebbe i vostri nomi di forza, di pudore,
non per memoria, ma per i giorni che strisciano
tardi di storia, rapidi di macchine di sangue.

 

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