“Cari Amici” di Albertina Soliani – 2 gennaio 2023

Cari Amici,
il 30 dicembre 2022 si è concluso il processo ad Aung San Suu Kyi, istruito dal regime militare, con una condanna definitiva a complessivi 33 anni di carcere. Il resto della vita, escludendola dalla vita politica del Paese, il vero obiettivo dei militari.
Il prossimo 4 gennaio ricorre la festa nazionale dell’indipendenza del Myanmar, e in questa circostanza, si dice, il regime potrebbe dare un segnale nella direzione chiesta dalla comunità internazionale, cioè il suo rilascio.
Tutto è possibile nella follia delle dittature, scelgono secondo la convenienza del momento.
E così siamo tutti in attesa. Possiamo sperare che qualcosa di meglio accada  nell’anno nuovo, dopo che negli ultimi tempi si è mossa l’ONU con la sua Risoluzione, gli USA hanno approvato una legge di sostegno alla democrazia in Myanmar, l’Indonesia ha assunto la guida dell’ASEAN, e la Cina ha mandato un suo inviato speciale a parlare con le etnie a Nord della Birmania.
Solo il tempo ci dirà il cambiamento delle cose, ma potrebbe anche essere vicino.
Come vivrà tutte queste cose Aung San Suu Kyi? Sapendo si è no solo l’essenziale?
Ricordo questi giorni,spesso eravamo là.E più di una volta le ho rivolto l’antica preghiera di benedizione della Bibbia che la liturgia proclama il primo giorno dell’anno:

“Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace”.

Numeri 6, 22-27

Ripeto a lei e a voi oggi la stessa preghiera.

Cari Amici,
la nostra condivisione con la tribolazione del Myanmar e con la resistenza del popolo birmano ci ha consentito di raccogliere negli ultimi tempi risorse importanti che stiamo inviando con i nostri canali. Avremo modo di farvi conoscere presto il quadro complessivo. Intanto desidero dirvi la mia personale gratitudine per i contributi inviati all’Associazione per l’Amicizia Italia Birmania Giuseppe Malpeli e per il suo tramite alla popolazione in Myanmar.
Sta riprendendo la collaborazione attiva dell’Università di Parma, insieme con la Regione Emilia Romagna, nel campo della formazione sanitaria dei giovani dissidenti studenti di medicina in Myanmar mentre Andrea Castronovo, rientrato in questi giorni, sta sviluppando la collaborazione con l’etnia Karenni e il suo governo democratico sul confine con la Thailandia. Tornerà là a fine gennaio.
Lo Spirito non cessa di muovere il mondo, l’umanità non cessa di resistere, l’animo delle persone non cessa di operare il bene, di conoscere, di tessere legami, i giovani stanno disegnando un nuovo orizzonte. Lula si è insediato a Brasilia, e l’Amazzonia respira.
Mattarella vigilia e guida come un condottiero mite e tenace, un vero cantore della democrazia. Francesco sta coinvolgendo il mondo in un destino di fraternità. Le ultime parole di Benedetto sono state un canto d’amore per il suo Signore.
Che cosa vogliamo di più? Non sprechiamo ciò che di vero, di buono, di bello ci viene dal tempo presente. Vedo bene i rottami e le maschere, per dirla con Mario Luzi, che ingombrano la scena. Ma la luce si fa strada, con potenza.
Ieri sera, a conclusione della Marcia della Pace a Parma, ci ha accolto la chiesa spalancata di San Francesco del Prato: risuonavano le note di Pachelbel, così care ad Aung San Suu Kyi.
Tutto si tiene.
In questi giorni chiederò di nuovo di poter entrare in Myanmar, e di incontrarla.
Che il 2023 ci faccia camminare su sentieri di liberazione, di fraternità, di pace.
Grazie sempre.
Allego una mia dichiazione di venerdì 30 sulla condanna, e il comunicato di Alliance for a Democratic Myanmar, il network internazionale da noi costituito.

A presto.
Albertina

“Condannata Aung San Suu Kyi, liberate Aung Suu Kyi”

«Si è concluso stamattina a Naypyidaw il processo ad Aung San Suu Kyi: 33 anni complessivi di carcere. Il resto della vita, la sua esclusione dalla vita politica del Paese.
Un altro colpo alla democrazia in Myanmar, un altro ostacolo sulla strada della riconciliazione e della pace.
Un processo illegale e immorale, come il colpo di Stato, gli arresti, le torture, le uccisioni contro il popolo.
La recente risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, la prima sul Myanmar in 75 anni, come la recente legge degli Stati Uniti sul Myanmar, chiede la liberazione di tutti i prigionieri politici e il ripristino della democrazia.
Il Myanmar ha bisogno oggi di tutti noi, e noi prendiamo luce da loro per la fiducia nella democrazia e l’impegno per il rispetto dei diritti umani universali ovunque nel mondo».

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