«Tra realismo e magia, Gigio Brunello e le sue creature raccontano la Mestre dei migranti». Intervista a Gigio Brunello

Sotto la Grande Quercia
Il blog di Raffaella Ilari


Spettacolo in concorso
Gigio Brunello (Treviso)
LUMI DALL’ALTO
Corse clandestine in città

 

Attore, autore e burattinaio, tra i più apprezzati del teatro di figura in Europa, Gigio Brunello arriva al Festival Teatrale di Resistenza con Lumi dall’alto-Corse clandestine in città, una favola moderna, magica e realistica, sui sogni dei migranti, scritta e diretta a quattro mani con Gyula Molnar. Un’affabulazione poetica e artigiana in cui Brunello narra e condivide la vicenda insieme alle sue creature dando vita ad una partitura per oggetti in cui le sue statuine, nonostante la loro staticità, diventano personaggi in carne ed ossa grazie al dialogo continuo con il loro narratore-animatore.

Lumi dall’alto completa la trilogia Teatro sopra la città (insieme a Vite senza fine e Teste calde) dedicata a Mestre. Che origini ha questo progetto e come si è sviluppato?
Mestre per me rappresenta una tradizione operaia del Novecento alla quale sono molto legato. Questa cultura significa vita di quartiere, relazioni, solidarietà, lotte sociali e un’umanità di quel mondo ‘analogico’ che avevo già cercato di descrivere in Vite senza fine. Poi, ho realizzato Teste calde che riportava la città di Mestre a 150 anni prima quando i rivoluzionari repubblicani resistettero alle truppe austriache. Mi sono accorto che i due spettacoli rappresentavano, per la mia ricerca, un percorso. Il linguaggio nuovo del tavolo e delle statuine dava i suoi frutti con nuove drammaturgie. Lumi così è diventato il terzo banco di prova sia stilistico che tematico: perché non dedicare questo percorso alla mia città?

Da dove prende spunto la storia di Lumi dall’alto?
Ho insegnato negli istituti superiori agli adulti. Una mia studentessa albanese mi raccontò la sua storia di migrante. Mi fece anche vedere un video del suo finto matrimonio in una villa veneta con lei e il marito intrufolati in un sontuoso matrimonio locale. Quel video l’avevano spedito ai parenti in Albania per far credere al paese che avevano fatto i soldi… C’era tutto per farne uno spettacolo.

Chi sono Ginco e Kira, i suoi protagonisti?
Due giovani arrivati Italia su gommoni clandestini che si innamorano come nelle fiabe.

Nel tuo teatro l’animatore convive e dialoga con i suoi burattini. In Lumi dall’alto come si coniuga la narrazione con il teatro di figura?
Lumi è realizzato con statuine di legno, oggetti, giocattoli. La loro scena di azione è un tavolo. Ciò permette di suddividere i compiti nella drammaturgia. Non c’è un animatore nascosto come nel caso del burattinaio in baracca. Qui, oltre alle statue (che però condividono con le teste di legno la staticità dell’espressione) ci sono io sulla scena che a volte sono voce narrante, a volte presto la voce, altre volte divento personaggio come gli altri.

Nel tuo teatro i burattini sono degli essere umani, autonomi dal burattinaio. Il burattinaio è quindi al servizio dei suoi burattini?
È vero, io li creo e poi li subisco dotandoli di libero arbitrio…

Il Festival di Resistenza quest’anno compie vent’anni. Come può il teatro, in riferimento al periodo che stiamo vivendo, contribuire a disegnare un nuovo mondo?
Difficile cercare di rispondere senza cadere nella retorica che considero il mio peggior nemico, sempre in agguato. Preferisco per un momento abbandonare il termine Teatro e sostituirlo con Racconto. Penso che raccontare sia l’occasione più di buon senso per allargare le coscienze. Lunga vita al Festival della Resistenza!

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