8 settembre, settantacinque anni dopo (di Albertina Soliani)

Ci sono giorni che nella vita dei popoli restano per sempre. L’8 settembre è uno di questi per l’Italia.
Come il 25 aprile. Sono giorni che raccontano i passaggi fondamentali della vita di un Paese. Il 25 aprile è il giorno della resurrezione dell’Italia, del cambiamento della storia. L’8 settembre è il giorno dello sbandamento, delle fughe, delle scelte. Nelle ore tra l’8 e il 9 settembre nelle città italiane, soprattutto al Centro-Nord, si riuniscono clandestinamente i primi antifascisti per organizzare la Resistenza. Tra l’8 settembre ’43 e il 25 aprile ’45 ci sono i venti mesi della Resistenza che combatte e sconfigge i nazifascisti, si unisce agli Alleati e prepara il futuro democratico dell’Italia. La sera dell’8 settembre ’43 il futuro dell’Italia è nelle mani dei pochi consapevoli che scelgono di agire, di mettersi nella parte giusta della storia.

Settantacinque anni dopo ci interroghiamo sull’Italia di oggi. Sulla sua consistenza democratica, sulla sua coesione sociale e civile, sulla sua speranza nel futuro. La memoria ci interroga costantemente: siamo ancora allo sbando? Oggi, come allora, il futuro è deciso dalle scelte dei cittadini. Per costruire il futuro di un Paese, è fondamentale la consapevolezza del suo popolo. Siamo di nuovo all’8 settembre: siamo consapevoli di cosa siamo diventati, di quello che siamo, di quello che dovremmo essere? Possiamo immaginare l’8 settembre del ’43 a Casa Cervi: capivano bene cosa stava succedendo. Erano già pronti a salire sull’Appennino. Meno di quattro mesi dopo saranno fucilati al Poligono di Tiro di Reggio Emilia. Non vedranno l’Italia democratica. Ma tutto era già accaduto, il sogno del futuro l’avevano tutto in testa. Fu la loro scelta a consentire allora, che il sogno di democrazia che oggi viviamo diventasse realtà.

Albertina Soliani, Presidente Istituto Cervi

 
 

Prova anche

Il cuore contadino – In ricordo di Gigi Cervi

Nel ricordare Luigi Cervi, scomparso poche ore fa, non si può che partire dal suo sguardo timido e buono, che scrutava con attenzione e osservava con capacità di lettura. Di poche parole, precise e puntuali. Da quel sorriso accogliente e schivo che ha sempre messo tra sé stesso e l’umanità, tra la sua persona e la storia di cui faceva parte. Aveva un modo tutto suo per esserne orgoglioso, per essere un portatore fiero; eppure, discreto della vicenda Cervi, con tutto quello che era diventata, e che rappresenta oggi.