Myanmar: le cinque sfide di Aung San Suu Kyi di Albertina Soliani

Myanmar: le cinque sfide di Aung San Suu Kyi
di Albertina Soliani

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Myanmar: the five challenges of Aung San Suu Kyi
by Albertina Soliani

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Abstract (ITALIANO)

Dopo oltre cinquant’anni di dittatura militare, e di resistenza silenziosa e non violenta ad essa, il Myanmar ha imboccato la strada del cambiamento, un percorso di transizione che intreccia sviluppo e democrazia, un caso raro in Asia.

La responsabilità politica di questo cambiamento possibile nella Birmania, la costruzione della nazione oggi, la fiducia e le speranze di un intero popolo sono nelle mani di una donna, come accade sempre più spesso nel mondo. Aung San Suu Kyi è una donna birmana, che appartiene al suo Paese, alla sua storia, alla sua anima in modo profondo e singolare. Dopo l’indipendenza della nazione dall’Impero britannico conquistata nel 1947 da suo Padre, il generale Aung San, Bogyoke, il Padre della Patria, ora la democrazia è affidata a lei.

Ho incontrato la Birmania una quindicina di anni fa, quando ho iniziato a leggere Libera dalla paura, il libro di Aung San Suu Kyi, e in questi anni il mio rapporto con il Myanmar è diventato grande parte del mio impegno per la democrazia. Oggi, da Casa Cervi, l’Istituto dedicato alla memoria della famiglia che con la Resistenza ha cambiato la storia, sento che il discorso della libertà e della democrazia è uno solo, qui da noi e nel resto del mondo. In Europa e in Myanmar.

Ma le sfide che Aung San Suu Kyi è chiamata ad affrontare, e ad affrontare contemporaneamente, sono molte. Sono alla base della nuova storia della Birmania. Capirne la complessità, piuttosto che semplificare le situazioni secondo gli interessi economici e geopolitici, dovrebbe essere la scelta di un Occidente lungimirante. Accompagnare e sostenere Aung San Suu Kyi, che in nome della libertà, della democrazia, dei diritti umani sta attraversando con il suo popolo uno dei terreni più minati della politica nel mondo contemporaneo, in coabitazione con il potere militare, piuttosto che prendere le distanze da lei, potrebbe essere la strada per aprire un nuovo dialogo tra Occidente e Asia.

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Abstract (ENGLISH)

After more than fifty years of military dictatorship, and of silent and non-violent resistance to it, Myanmar has taken the road of change, a transition path that interweaves development and democracy, a rare case in Asia.

The political responsibility for this possible change in Burma, the construction of the nation today, the trust and hopes of an entire people are in the hands of a woman, as sometimes happens in Asia, and increasingly in the rest o the world. Aung San Suu Kyi is a Burmese woman, who belongs to her Country, to its history, to its soul in such a peculiar way. After the independence of the nation from the British Empire conquered in 1947 by her Father, General Aung San, Bogyoke, the Father of the Homeland, democracy is now entrusted to her.

I met Burma fifteen years ago, when I started reading Aung San Suu Kyi’s book, Free from Fear, and in these years my relationship with Myanmar has become a large part of my commitment to democracy. Today, from Casa Cervi, the Institute dedicated to the memory of the family that changed history with the Resistance, I feel that the subject of freedom and democracy is one, here with us and in the rest of the world. In Europe and in Myanmar.

But the challenges that Aung San Suu Kyi is called to face – and to face simultaneously – are many. They are the basis of the new history of Burma. Understanding its complexity, rather than simplifying situations according to economic and geopolitical interests, should be the choice of a far-sighted West. Accompanying Aung San Suu Kyi and supporting her, who in the name of freedom, democracy and human rights is crossing with her people one of the most mined areas of politics in the contemporary world, in cohabitation with the military power, instead of distancing ourselves from her, could be the way to open a new dialogue between the West and Asia.

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L’articolo completo è stato pubblicato su Rivista di Studi Politici, Trimestrale dell’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”, Anno XXXI, aprile-giugno 2019, pagg. 129-148

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