Intervista a Emanuele Aldrovandi > Sotto la grande quercia

Blog a cura di Raffaella Ilari con approfondimenti e interviste agli organizzatori, agli ospiti e al pubblico del 16° Festival di Resistenza.

“Un teatro di sguardi divergenti e inaspettati”

Intervista a Emanuele Aldrovandi
di Raffaella Ilari

Secondo spettacolo in concorso al Festival Teatrale di Resistenza, Nessuna pietà per l’arbitro è un testo del giovane drammaturgo reggiano Emanuele Aldrovandi, diretto da Marco Maccieri e Angela Ruozzi, una produzione del Centro Teatrale MaMiMò.
Nato a Reggio Emilia nel 1985, Emanuele Aldrovandi ha studiato alla Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi di Milano. Vive tra Milano e Reggio Emilia, dove lavora con il Centro Teatrale MaMiMò. È vincitore del Premio Hystrio 2015 con il testo Farfalle, del Premio Tondelli 2013 con Homicide House e del Premio Pirandello 2012 con Felicità.
 
Emanuele, in “Nessuna pietà per l’arbitro” usi la metafora del basket per parlare della Costituzione Italiana. Perché?
Perché credo sia importante che il teatro faccia conoscere non solo ciò che le persone non sanno ma soprattutto fornisca sguardi alternativi e divergenti a ciò che si pensa di conoscere. In questo spettacolo, in un certo senso, c’è un’ellisse in cui i due fuochi sono la Costituzione Italiana e il basket. Ciò che gira intorno a questa ellisse è un universo di senso in cui i personaggi si interrogano su quale è il modo per convivere, per darsi delle regole e per darsi un contesto in cui svolgere la propria vita. Queste domande sono rese più urgenti dall’avvenimento di una vicenda tragica e pericolosa come l’involontaria uccisione dell’arbitro.

Come scriveva Ennio Flaiano <<L’italiano ha un solo vero nemico: l’arbitro, perché emette un giudizio>>. Chi rappresenta qui l’arbitro?
L’arbitro è la legge, l’autorità, in un certo senso, è una metafora della Costituzione ma anche della tirannia, delle dittature illuminate, di qualsiasi forma di governo o di regolamentazione che si danno le persone e del rapporto che queste persone hanno con una forma di regolamentazione che è diversa da ognuno e differenzia gli altri personaggi.

Quali temi sviluppi nel testo?
La domanda fondamentale che mi sono posto, insieme ad Angela e a Marco e a tutti gli attori (sì, perché ci tengo a dire che ho scritto il testo ma tutte le riflessioni, il percorso e le idee sono state condivise), è la seguente: come è possibile compiere scelte etiche in un mondo post-ideologico? È davvero post-ideologico il mondo in cui viviamo oppure un’ideologia c’è ma non siamo in grado di darle un nome perché ci siamo dentro?

Chi sono i personaggi? Che umanità rappresentano?
I personaggi sono un uomo, uno storico, che deve tenere un discorso durante la Celebrazione del 2 giugno, anniversario della Repubblica Italiana, ma non sa cosa dire. Fino all’anno prima c’era il nonno partigiano a parlare sul palco. Dovrebbe avere una visione storica ma in realtà non sa cosa dire, continua a provare discorsi senza mai riuscirci. Poi, c’è un figlio poco avvezzo a rispettare le regole, con problemi comportamentali che fa risse sul campo da basket e si trova per caso a incontrare in un colloquio di lavoro l’arbitro che la sera prima lo aveva espulso.
Una moglie molto pragmatica vorrebbe che il compagno facesse il discorso, anche se non sa cosa dire, perché è importante avere visibilità e questo potrebbe dargli occasioni di lavoro come storico e opinionista. Allo stesso tempo è preoccupata per le sorti del figlio e cerca di risolvere il problema che lui ha creato che riguarda l’arbitro.
Ed infine, c’è il personaggio dell’arbitro che è come gli altri allo stesso tempo realistico, simbolico, allegorico e paradigmatico. L’arbitro, semplicemente, va a fare un colloquio di lavoro e si trova vittima di una situazione inaspettata e anche lui esprime, forse per la prima volta, quale è il suo punto di vista, la sua visione del mondo, perché ami arbitrare nonostante lo faccia in una serie bassa. E’ un personaggio che scopre se stesso in una situazione di pericolo.
I quattro attori (Filippo Bedeschi, Luca Mammoli, Federica Ombrato, Alessandro Vezzani) sono stati fantastici a dare vita a questi personaggi, ad aiutare me e i registi a capire le loro peculiarità e le loro tensioni. È stato un lavoro assolutamente condiviso.
Nella Costituzione Italiana c’erano tre anime: l’anima democristiana, l’anima comunista e quella liberale che si sono unite e accordate per scrivere un testo condiviso. Scrivendo questo testo avremmo voluto che i personaggi le rappresentassero ma ci siamo resi conto che queste tre anime non esistono più, sono mutate e modificate dal tempo. Ci siamo così chiesti quali siano, questi personaggi sono uno specchio delle anime contemporanee. Non voglio rivelare quali sono perché è interessante che gli spettatori si facciano questa domanda come ce la siamo fatta noi perché è importante vedere se stessi, la propria epoca, il proprio mutamento storico-culturale con uno sguardo esterno, per capire cose che altrimenti quando ci si è immersi non si vedono e non si colgono. Abbiamo cercato di farlo con noi stessi mentre lo facevamo, speriamo che questo abbia anche effetto sul pubblico.

In quali termini oggi il teatro può riflettere sulla Costituzione?
Credo che il teatro abbia un grosso problema quando è specificatamente incentrato su una tesi. Credo che perda la sua efficacia perché va a parlare con persone che sono già sintonizzate su quel punto di vista. Uno spettacolo celebrativo sulla Costituzione sarebbe stato inutile se l’intento fosse stato quello di avvicinare alla Costituzione coloro che già credono nei suoi valori e che si sono messi nell’ottica di uscire da casa per assistere ad uno spettacolo che conferma idee che hanno già.
In questo non c’è niente di male ma è intrattenimento non diverso da quell’intrattenimento che viene fatto in altro modo, mentre invece persone che credono che questa non sia importante o addirittura non la conoscono, difficilmente andrebbero a vedere uno spettacolo di quel tipo.
Noi abbiamo cercato di fare una cosa non celebrativa o storica ma che potesse avvicinare anche persone lontane dando un punto di vista critico e divergente e creando un’ellisse con un tema apparentemente lontano come il basket.
Questo perché secondo me il compito del teatro non è quello di intrattenere persone che la pensano nello stesso modo ma dare sguardi inaspettati che possano arricchire e porre domande su se stessi.
Spero che lo spettacolo, oltre a incuriosire il pubblico giovane che non conosce la Costituzione e al quale magari verrà voglia di leggerla dopo averlo visto, riesca ad incuriosire anche un pubblico adulto, magari vecchio, che pensa di essere esperto di questi temi e glieli faccia contestualizzare con il mondo di oggi, faccia chiedere loro quale è la visione del mondo, delle cose della nostra epoca, quale è la weltanschauung, il contesto in cui siamo inseriti, come ragioniamo o come diamo valore indipendentemente da quello che diciamo. E spesso le cose non coincidono.

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